NINTI

 

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“In sumero il vocabolo -ti significa sia costola che vitafar vivere.”

Martello, scalpello, pennello, acrilico rosso, seme, pinzette, terra acida, pianta di Kalanchoe.

Anna Bau
Rossella Ferrero
Andrea Roccioletti

Secondo la mitologia sumera (la più antica di cui si abbia traccia nella storia dell’umanità) nel paese di Dilmun non esistono malattie né morte. Gli dei decidono quindi di creare qui il paradiso che avrebbero abitato. Tuttavia, non c’è acqua dolce a Dilmun, e quindi non possono crescere le piante né vivere gli animali. Enki, allora, chiede al dio sole Utu di far sgorgare l’acqua dal suolo così da poter irrigare la terra. Dilmun diventa un meraviglioso giardino, e qui Ninhursag, la dea madre sposa del dio Enki, dà alla luce tre generazioni di dee.

Dopo aver partorito le dee, Ninhursag fa crescere otto alberi. Enki non resiste al desiderio di assaggiarne i frutti, mandando su tutte le furie la sua sposa, che lo maledice e si allontana da lui. Enki inizia così ad accusare malanni in tutto il corpo: è in stato di gravidanza, ha rigonfiamenti dolorosi alla mascella, ai denti, alla bocca, ai fianchi, alla gola, all’anca, alle membra e alle costole. Non avendo un utero per partorire, rischia di morire.

Una volpe si reca da Enki, si fa promettere una ricompensa e riesce a ricondurre Ninhursag da lui, facendo partorire da ogni parte dolorante del suo corpo gli dei della guarigione: Abu dalla mascella, Nintul dall’anca, Ninsutu dai denti, Dazimua dal fianco, Eshagag dagli arti. Per ultima, dalla costola di Enki nasce Ninti.

In sumero il vocabolo -ti significa sia costola che vitafar vivere. Lo stesso titolo verrà dato alla dea hurrita Kheba, e nella bibbia, in aramaico, verrà attribuito a Hawwah, cioè Eva. Il cuore, al di là della sua funzione anatomica, è sempre stato associato ai ricordi, alle emozioni e all’anima; i polmoni al respiro e al soffio vitale. La cassa toracica e le costole, quindi, rappresentano ciò che protegge e contiene la vita.